Roma (Agenzia Fides)- “Il fallimento del Vertice di Copenaghen ci ha profondamente delusi, perché noi sperimentiamo da anni, sulla nostra pelle, gli effetti micidiali del riscaldamento globale” dice all’Agenzia Fides Sua Eccellenza Mons. Peter Kihara Kariuki, Vescovo di Marsabit, nel nord del Kenya. Mons. Kihara è Roma per partecipare al Corso “Bishop: the first representative of Christ in priestly formation”, per i Vescovi di lingua inglese incaricati della formazione del clero. Il corso è organizzato dal Centro Internazionale di Animazione Missionaria (CIAM). “Da 3 anni praticamente non piove. La popolazione dipende dagli aiuti della Chiesa, del governo e delle ONG per mangiare e per dissetarsi. La poca acqua raccolta non è potabile. La popolazione per dissetarsi deve far ricorso all’acqua inviata dal governo con le autocisterne, in alcuni punti di distribuzione. Così vi sono persone che devono percorrere decine di chilometri per ottenere l’acqua” afferma Mons. Kihara. Il Vescovo di Marsabit descrive così la situazione sociale della sua diocesi: “La maggior parte della popolazione è costituita da allevatori nomadi che sono alla continua ricerca di pascoli e di acqua per il proprio gregge. A causa della siccità buona parte degli animali sono morti e la gente ora dipende dagli aiuti del governo, della Chiesa e delle ONG per sopravvivere. A questo si aggiunge la forte condizione di insicurezza che deriva dalla cultura locale, per la quale il gregge degli altri può essere rubato. I conflitti tra pastori sono mortali, perché ognuno ha un’arma da fuoco, spesso un fucile automatico. Le armi provengono da Etiopia, Somalia e Uganda. Il governo ha avviato una campagna per costringere la popolazione a consegnare le armi, ma la gente risponde “perché dovrei cedere il mio fucile? Il governo è in grado di garantire la mia sicurezza?” Purtroppo le armi sono viste come essenziali per difendere il gregge e la propria vita” “Come Chiesa vogliamo dare un futuro alle giovani generazioni, soprattutto cercando di cambiare la mentalità tradizionale che è alla base dei conflitti tra pastori. La nostra speranza riposa soprattutto sull’educazione dei giovani e delle donne. Cerchiamo di dare una formazione tecnica e di insegnare alle nuove generazioni nuovi mestieri, come l’apertura di piccole attività commerciali” afferma Mons. Kihara. “Questa zona- ricorda il Vescovo – è stata per anni trascurata dal governo: le uniche attività di promozione umana erano quelle della Chiesa, che ancora oggi continua ad essere molto attiva, con sono scuole e dispensari sanitari. Il governo collabora con queste strutture, fornendo medicinali e il personale. La maggior parte della popolazione, circa 300mila persone, è di fede musulmana. Seguono gli aderenti alla religione tradizionale africana e quindi i cristiani. Tra questi i cattolici sono circa 26mila”. “La diocesi ha una superficie di 68mila km2 vi sono 12 parrocchie oltre ad alcune missioni. Per spostarsi da un punto all’altro della diocesi occorrono percorrere distanze chilometriche e questo incide sui costi di gestione, perché il carburante per gli autoveicoli è molto costoso. Questo non ci impedisce di continuare la nostra opera di evangelizzazione e di promozione umana. Nella diocesi vi sono 32 sacerdoti, dei quali solo 8 sono diocesani. Gli altri appartengono ad ordini missionari (Consolata, Comboniani) o sono Fidei Donum, provenienti dalla Germania e della Romania (dalla diocesi di Iaşi)” conclude Mons. Kihara. (L.M.) (Agenzia Fides 20/2/2010)
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